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lunedì

Rido

C'è un punto ben preciso del mio io
da cui parte un punteruolo di ferro per
tracciare il cerchio di separazione
tra il mio cortile e l'erba d'altri.
Servono molti attrezzi acuminati per dissotterrare
i semi buoni, quelli che fanno crescere gli odori nei vasetti.
L'altro giorno Michele il fioraio mi ha venduto due margherite
e un paio di edere rampicanti per il mio vivaio.
Ho preso il terriccio buono e la palette e mi sono messa
a darmi da fare. Com'è bello guardare il sole
dalle persiane semichiuse e aspettare che la portinaia vada a farsi un pisolino!
Quando lei dorme io scendo di sotto
scalza
rubo innaffiatoio e rastrello e mi metto a bussare alle porte.
La primavera si nasconde nei bagni del treno, senza biglietto
si siede sulle ginocchia
che tu sia in bagno o sul tram,
ad ognuno il suo giorno di rinascita,
un fiore all'occhiello, violetto e lillà.

giovedì

Complotto

Dietro l'angolo mi aspetta. Sono il bersaglio, sono al centro del cerchio.
Dal mento s'irradiano a manovella una serie di ipotesi
potenzialmente pericolose e conseguenze lacrimali.
Congiuntiviti.
Herpes.
Ho molta paura, me ne sto chiusa in casa.
Guardo su Twitter i commenti e rimango invisibile.
Le reazioni alle mie risposte hanno
rotto l'argine del Naviglio.
Un ragazzo con la cinepresa
abita in Ripa di Porta Ticinese,
più o meno a metà,
è caduto rompendosi una caviglia.
Oddio è stata colpa mia?
Sono state proprio le mie parole.
Io che non dico mai niente, che mi sporgo così poco.
Eppure sono caduta nel fondo con tutta l'attrezzatura.
Il punto è questo - mi grida Titano. - Devi smetterla di sentirti colpevole per tutto quello che succede là fuori, stacca immediatamente quei colini dal soffitto. Che donnetta! Non è certo l'altezza giusta per filtrare le parole. Devi mettere dell'acqua nelle bacinelle e fare vapore, hai capito, vapore! Così asciughi gli intenti. A quest'ora solo il vapore da forma e fa tacere.
Titano chiude come un sipario e mi lascia con gli arnesi in mano.





martedì

Recinti senza cancelli

- versaneunpòqui.
- No, non fino all'orlo, voglio berne piccoli sorsi.
- Appena un goccio,  il resto lo metti qui, un pò di rosso dentro al bianco, così facciamo il rosa, 10 litri dovrebbero bastare.
- Io farei che riempiamo la vasca, poi ci mettiamo dentro una gamba, una per ognuno e ci rasiamo i peli con la   lametta.
- Però così escludiamo le ginocchia, che in realtà sono le uniche cose che mi interessano.
- amenonfreganulladiquelmondo,nonmiinteressasetiseirottalarotulaasciare,
iodetestolamontagna,ituoicazzodigestimusicali,letuecoscepelose.
iovadoavantiaminuscoleesempredasola,perDio!
- Mica puoi reagire ogni volta così, se non ti piace la musica cambia, basta girare la rotella e premere next, se poi ti tedio io, va beh, fai quel che vuoi, non stiamo mai insieme, era un modo per, dai raccontami di te.
- eh no! Ora cominci con la solita tecnica! Io me ne vado da questa vasca che odora di ascelle, di voi e dei vostri liquidi.
- Ti biasimo.
- mibiasimi,perDio?andrestinudasepotessi,cheticompriafaretuttaquellaroba,
sempredietroaspalancarti,pervertitadelcazzochenonseialtro,
atelaterapiatifaunbaffo,sciocchinachenonseialtroalasciaretarzanelliincucina.
Basta,esco,sonoanchetroppocolorataperoggi.

domenica

Spolpami con un cucchiaino.

Cucchiaino non ha fortuna con le donne. Non che sia brutto, questo no, ma non piace. Ha un modo di fare troppo buffo, il corteggiamento e l’approccio iniziale sono davvero la sua pena. I suoi amici, invece, se la cavano alla grande:
Coltello apre in due il cuore delle ragazze (che sono pesche nettarine) e fa ballare loro il rock’n roll acrobatico (le sbuccia a spirale e le fa girare attorno alla sua lama).
Forchetta, poi, non ne parliamo! Inforca le sbarbine (olive snocciolate) come un tanghero professionista e si diletta con più di una alla volta, che furfante!
Il povero cucchiaino invece, come dire, manca proprio di appeal.
Durante il Festival della Frutta s’avvicina a Uva (una grappolona viola bella polposa) e con fare docile cerca d’accarezzarle un acino.
Maldestro com’è, arriva a palparle il chicco a pieno cucchiaio e lei, inorridita, gli molla una sberla.
Sconsolato, s’incammina lungo una via deserta, a testa bassa.
Nessuna donna lo amerà mai con l’aspetto che si ritrova! E poi è sgraziato come un mestolo. Chi può innamorarsi di un minuscolo utensile incapace persino di ballare, figuriamoci se saprà mai conquistare una donna?
Mentre si lamenta tra sé e sé, avverte dei mugolii in lontananza.
Sulla riva del fiume una piccola Kiwi piange e tenta di strapparsi i peli di dosso.
Preoccupato per la salute della ragazza scende lungo la riva e va in suo soccorso.
-  Perché piangi? – le chiede con un filo di voce.
-  Perché sono piena di peli e brutta. I ragazzi non mi vogliono perché sono difficile da sbucciare. – a forza di singhiozzare Kiwi ha inzuppato tutta la buccia.
-  Io ti trovo carina, - azzarda Cucchiaino.
Kiwi drizza gli ultimi peli rimasti e strilla scalpitante – Carina???
-  Mo-mo-molto carina – riesce a balbettare Cucchiaino.
-  Giura sulla tua cromatura! – lo incalza lei.
-  Giuro su tutte le leghe dell’acciaio inox! – Cucchiaino è spaventato, ma allo stesso tempo felice che una donna desideri con cotanto ardore le sue lusinghe.
Kiwi raduna una centinaia di piccoli semi che ha in corpo e li dispone a raggiera nei punti strategici della sua polpa soda e dolce. Allunga le ciglia e sussurra:  - Non ci resta che farlo baby.
Cucchiaino suda freddo, non pensava che sarebbe accaduto tutto così in fretta, ma è sedotto dal sapore acidulo di quella femmina e le risponde allungandosi di qualche millimetro – Sono pronto darling.
-  Chi incomincia? – ansima Kiwi che intanto si è liberata da tutti i suoi filamenti.
-  Buttati in acqua che ci penso io! – cinguetta Cucchiaino che finalmente si sente un vero amatore, sicuro dei suoi attributi. 
Kiwi si butta nel fiume, mentre lui le salta sopra incastrandosi nella sua polpa. E’ davvero bello stare a galla sopra di lei, pensa dentro di sé.
Il viaggio prosegue fino al mare. Cosa fecero e cosa si dissero quei due ve lo lasciamo immaginare.
Possiamo solo dirvi che Kiwi dopo aver scoperto le gioie che si possono provare con un Cucchiaino non si è mai più lamentata dei peli superflui.



Morale della storia:  Chi l’ha detto che il kiwi si mangia con il coltello, che va sbucciato e mangiato a fettine? Questa è un’altra pruderie della gente bene. Io il kiwi me lo mangio con un cucchiaino. E’una goduria assoluta, mi permette di mangiarmi tutto il verde, tutti i semini, tutto tutto. Basta con queste regole regole, rigide rigide, che ci vengono imposte quando nasciamo, impariamo ad inventarcelo un pò da soli questo mondo, sennò come ci si diverte? Oibò.

Allo scoperto



- Chi sono io? - dice la Maga guardandolo da terra. - La banderuola che gira la punta al vento dell'ultima ora? Oppure sono la freccia che spacca il bersaglio? 
- La bottiglia vuota sulla testa di Newton - risponde Titano accendosi una Gauloise.
Ieri sera - vuole raccontarglielo a tutti i costi - sono andata a teatro. In terza fila, tra teste canute e messimpieghe profumate, mi sono sentita travolgere da un'escalation di emozioni. Che bella musica Titano! Che trasporto! Insomma, la prima cosa che penso è che sono eccitatissima perché è Natale e perché siamo a Parigi, ah! finalmente una casa. Gioia: tu mi attacchi il cuore con uno spillo - mi dico.
- Mi giro e ho di fianco mio padre con indosso gli occhiali per vedere in 3D. Era seduto accanto a me. Ti ricordi quando ti ho detto che siamo andati al cinema io e lui? - la Maga si accorge che Titano è altrove e  avvicina il naso al suo.
- Tu mi  prendi troppo sul serio - ammette Titano, senza alzare gli occhi.
- Ho pensato a te. Ai nostri ti amo bisbigliati, all'immensità del tuo mare, alla mia barchetta di carta.
Poi hanno fatto un pezzo strumentale, solo basso e fisarmonica, un tristissimo lamento di un tanghero disperato (l'autore non te lo so dire) e  mi arriva una tale disperazione commista, credimi, mi ha angosciata tutta d'un colpo, come una grossa coperta sulle gambe.  - parla da sola, ad alta voce, coprendo la musica che viene dalla cucina.
- La conosco quella cara e insostituibile presenza che mi porto appresso da Montevideo, con la coda dell'occhio la vedo passeggiare per les rues all'ombra della mia serenità - La Maga chiude così.
Vuole stupire Titano e cerca gli incastri più belli, ma come farla franca ad una lepre come lui? - pensa. Qualsiasi arabesco ontologico verrà miseramente scoperto e la sua ingenuità disarmante sarà l'ennesima canzonatura per il doposerata.
Ma Titano non accenna a dire niente, pare concentrato su qualcosa che ha a che fare con le sue mani, o forse è solo quell'appartamento a scaturire il suo disappunto, purché dica la Maga, quello è un rettangolo vuoto e impersonale, ancora freddo dei suoni che si attaccano alle case delle persone: eppure è ciò che hanno scelto per loro, è vero, la Maga e Titano escono allo scoperto, questa è decisamente una novità.
La Maga si alza in piedi e va a prendere due cuscini dal divano, uno per la schiena di Titano, l'altro per appoggiarci due tazze di thè. Siedono a terra la maggior parte del tempo e chiacchierano senza posa, spesso senza ascoltarsi, solo per quel bisogno ineluttabile di svuotare il sacco, per ridare spazio al vuoto e alla fame. Poi rientrano gli altri ed è già ora di cena.
Le mani di Pollini escono fuori dalle casse della radio, si sente salire qualuno dal primo piano. Che siano già arrivati?
Da una pentola senza coperchio i broccoli  rimbalzano tra di loro e l'odore forte della verdura cotta si mescola al thè verde che fuma da sotto i loro nasi.
La Maga e Titano si guardano negli occhi per la prima volta quel giorno.
- Ho riletto la lettera che mi hai lasciato stamattina - Titano prende fiato pronto a scatenare un tifone, - hai ragione, partendo dalle labbra, passando per i ciclopi e i sapori fruttati, siamo io e te al 100%. Mi sei devota come una carmelitana scalza.
La Maga gli mette un dito sulla bocca e aggrotta la fronte - Preparo la cena.

sabato

Lotta continua

Lunghi lunghi, lisci lisci… e poi luminosi, sani, forti… avere capelli bellissimi è un sogno per tutte? Vero.

Non è poi neanche così difficile, soprattutto adesso che fluidi e piastre di nuova concezione facilitano di molto il compito.

Si trovano certi balsami che formano una guaina per proteggerli dal calore del phon e impacchi alle erbe per nutrire il capello sfinito.

Praticamente tutti i nemici del ciuffo sono stati messi al bando e ci vengono ricordati costantemente nelle Rubriche del Capello.

Chi non sa che il freddo e lo smog tendono a restringere e richiudere i bulbi piliferi rallentando la crescita dei capelli? Tutte noi lo sappiamo. È ovvio. Voglio dire, Top Girl lo dice, e pure Glamour.

Ma ne manca uno.

Nell’epoca delle Bellissime Subito come poteva il bulbo non diventare il principale oggetto di studio e perno attorno a cui far girare il sex appeal femminile?

Pensate alla Ventura sempre in affanno a farlo sopra le righe con quel caschetto ridicolo oppure alla over’60 Milva che sfoggia una chioma rouge da spavento!!

Beh, se ormai sul capello pensate che sia stato detto tutto vi sbagliate. C’è una considerevole fetta di donne che vengono ripetutamente ostracizzate e schernite a causa del loro problema.

Chi sono??

Certo che voi capellute dallo stelo secco e sfibrato siete proprio delle stronze!!

Parlo di coloro che combattono una guerra contro la sovrapproduzione di sebo, alle unte, alle bulbo-stressate, alle me-li-lavo-un-giorno-sì-e-uno-no.

Sono loro le emarginate delle riviste, quelle dimenticate dal tricologo che pensa solo a spiegarci come rinforzare il capello…ma a dargli una regolata, no?

Quella che intraprendo oggi è una guerra seborroica contro le eruzioni cutanee, contro l’unto in eccesso, contro tutte le patologie ad alta secrezione sebacea. Lotto per abolire gli shampoo all’ortica, quelli allo zolfo e al catrame. Mi appello al cielo per scacciare per sempre le squame a crisalide che s’incastrano tra le trame del maglioncino e m’incateno al balcone per dare voce ai cuoi capelluti facilmente irritabili!!

E urlo a gran voce: " Cespi oleazzati d'Italia Uniamoci!"

lunedì


Italiano per principianti

Cara signorina Ramina,
ho letto la sua lettera, non poi così lunga.

La ringrazio per i complimenti. Le confesso che di solito leggo distrattamente le email come la sua, di coloro che mi contattano per lavorare con la nostra redazione e pensano che arrivando a me possa essere più facile.
Nel suo caso, c'è stato un problema di sistema che mi ha bloccato il pc proprio mentre aprivo la sua email e impossibilitato ad ogni azione sono stato costretto a leggerla.

Le sue parole mi hanno toccato. Dunque, lei sogna di fare la giornalista. Ora è una freelance in cerca di un albero sotto cui riposare. E poi la sua lettera: è davvero divertente. Tutta quella storia sui monaci sufisti e di come si è curata nella giungla con l'essenza dei fiori, ammirevole.
Ma come le è venuto in mente? E' un nuovo stratagemma del marketing che ha letto su Donna in Forma? Ad ogni modo Ramina lei mi ha proprio colpito.
Adesso mi ascolti e faccia tutto quello che le dico. Facciamo (insieme, la coinvolgo come allieva principiante) un’analisi dello stile.

Comincio col dirle che ci sono degli aggettivi e qualche complemento avverbiale curiosi, nella sua lettera. Per prima cosa partiamo dalla fine:
  1. non so se la mia risposta è, o debba essere, gradevole: al massimo può essere gradita.
    Quindi per i curriculum che invierà in futuro non scriva mai più In attesa di una sua gradevole risposta. Nessuno è interessato a rendersi gradevole ai suoi occhi.



  2. la parola "rindondante" non esiste. Ne esiste una simile che è ridondante e significa eccessivamente ricco e anche sovrabbondante. Non esiti a dimenticarla quando scrive ad un editore, non è funzionale alla causa.



  3. infine sappia che il linguaggio pulito diretto e informale è preferito a quello accademico e stitico dei saputelli da salottino; pertanto scriva pure sarebbe bello farci una chiacchierata, ma in modo corretto, includendo quella piccola i centrale.
Questa è la mia interpretazione della sua situazione: non si tratta né di sociologia, né di geografia antropica, tanto meno di psicologia (Jacques Lacan diceva che la psicologia è come la Rue Soufflot a Parigi, che parte dal Panthéon in discesa, e arriva dentro al commissariato di polizia).
Noi facciamo puro stile.
Non indulga nella commiserazione e si tiri su le maniche.
E quando è pronta, mi scriva.
Sarò sotto lo stesso albero.


Cordialmente,
GDM

domenica

Don't know where to find my dead dick

Affondo la faccia senza neanche guardare. Chiudo gli occhi e mi lascio andare. Nel silenzio mortale della camera rimane solo il rumore corrosivo del nulla nelle orecchie. Si è staccato il jack dell'audio dal pc, ma ho ancora le cuffie in testa. Devo riattaccarlo per buona educazione.
Ma smetti di parlare ti prego.
No; continua a nastro mentre io accondiscendo ai suoi voleri.
Gina: ...ei Ramina ma mi senti?
R: mi hai rotto. (Ma non glielo dico).
[...]
G: senti mina, non voglio farti da mamma, ma insomma...
...c'è qualcosa che non va a questo punto...voglio dire...
dopo tutto questo tempo, e il tuo entusiasmo...cioè,
non ti sei mai fatta delle domande, voglio dire: perché?
[...]
R: mollami! (Invece annuisco, - hum hum...già).
G: perché queste barriere all'entrata, perché questa attitude da snob?
E poi, mica per questionare o che altro, ma perché, mi chiedo, continui ad andare
in quei locali da froci, a quei party minimali a fare l'alternativa, con i travestiti!
R: non capisci una ceppa insipida che non sei altro. ( Ahahahah! sorrido).
G: voglio dire, amica, dovresti andare oltre: guardami per favore, non ti sembro anch'io
una estremamente puntigliosa sulle prestazioni? Eppure guarda come mi sono innamorata
del mio Cristianuccio, come me lo sono modellato sulla persona!
R: [...] !!??!!
G: Voglio dire, cioè, adesso basta! E' ora d'intervenire! Facciamo che ti vengo
a prendere tra un'ora e andiamo a ballare un pò di salsa, eh? Ci si fa' delle risate!
R: (questa volta non mi freghi!) Cosa hai detto? Pronto! Non sento Ginny, Ginny?
Ohhh? Non sento più un cazzo!
Toc. Lo stacco con i denti. E' finita, finalmente. Mi tolgo le cuffie e mi rituffo giù nel cuscino. Sono esausta. Ho ballato tutta la notte con La Stryxia e adesso voglio solo dormire. Ma chissà chissà dove l'avrò lasciato - mi chiedo - era proprio lì...

giovedì

Ho un altro uomo immaginario. Questo viene dopo BGfd43fyA. E temo possa prendere il suo posto. Non volevo, sono sincera, ma è arrivato. E adesso pretende. E’ stato tipo un transfer. Quando per la prima volta ci siamo visti, a settembre, abbiamo scaricato a terra moltissima tensione. Eravamo su un palco di legno, in piedi, mentre gli altri erano seduti. Io vicino al tavolo pieghevole, lui proteso verso questo che mi allungava dei flyer. Potrei scomporvi minuziosamente la scena ma rimarrebbe comunque una descrizione troppo sommaria. È stata una questione di millesimi di secondo, come quando un viso che incroci per strada ti ricorda qualcuno lontano ma non puoi continuare a fissarlo per molto, devi proseguire nel senso opposto e non sta bene girarsi che poi magari si accorge. Allora lasci perdere pensando - può essere. Finita lì.
Lui quindi è vivo, fatto di carne morbida e respira. È immaginario nel senso che tutto il contorno è mio. È moro e peloso. Si muove sinuoso e balla molto bene. Ha il ritmo vezzoso delle donne. Non parla quasi mai e il suo sguardo mi fa un po’ paura. È uno di quelli che dice – passami il bicchiere - guardando fisso il bicchiere. Oppure di quelli che dicono – grazie - senza sorridere. È un po’ ciccione per i miei canoni, ma farà la dieta - dice.
Sembra molto rigido; forse non è stato amato abbastanza da piccolo. Lo osservo mentre parla con la gente, tiene sempre una certa distanza, persino con le persone più intime. Quando sorride o è concitato a raccontare qualcosa inarca la schiena e spinge la testa all’indietro. Come faccio io per mettere il sedere in mostra.
È uno di quelli che non si avvicina ai visi.
Forse è uno da circolino, di quelli che fumano i sigari al venerdì sera e fanno letture ad alta voce con pochi intimi. Che sacca, sospirerei. Molto d’elite. Quando lo saluto si avvicina senza guardarmi e mi stringe i fianchi. Credo che gli piacciano: sento proprio che li stringe e penso sempre – cazzo.

sabato

Qual'è il sedere femminile perfetto?


Leggendo su D di Repubblica scopro che esiste un'equazione per misurare il sedere perfetto.
L'ha trovata uno psicologo della Manchester Metropolitan University.
Che bel gioco divertente! Vediamo se è applicabile.
L'equazione è la seguente:
(FC + Ci) x (FE + Co)/SP - PV
dove
FC sta per Forma Complessiva ( e comprende la tendenza ad afflosciarsi)
Ci = circolarità
FE per Fattore Elasticità (da non confondersi con la tendenza al ballonzolio)
C0= consistenza (il livello perfetto è "come un letto morbido")
SP = struttura della pelle
PV per Proporzione Verticale (Obiettivo: "simmetrico sbilanciato verso l'alto")
Sostituisco gli elementi dell'equazione con i numeri calcolati (c'è un elenco descrittivo per calcolarli) e ritrovo:
(5 + 3) x (3 +3) /0 - 3
48/0 - 3 =
0 - 3 = -3 !!!
Oddio!! Addirittura meno di zero...che giochetto da 2 soldi!
Il Corriere ha pubblicato questa notizia oltre sei mesi fa, allegando un modo più semplice per risolvere l'equazione. Se questi calcoli vi fanno sudare, qui c'è la versione più semplice ( averlo
saputo prima, non avrei sudato come un cammello a misurarmi con il metro da sarta anche i millimetri e poi, per questo risultato!! )

lunedì

Il tormento delle figure

Il numero dieci nella vita di J aveva un gran senso.
Tutto ritornava addosso e riconfermava l'ennesima cifra. Dieci le dita, dieci i comandamenti, le piaghe d’Egitto, la massima aspirazione a scuola, dieci anni di patente, dieci anni senza la verginità.

Superata quella cifra, far di conto e mantenere un comportamento retto nella vita diveniva sicuramente più complicato.
J decise che d’ora in poi avrebbe fatto molta attenzione a ciò che inseriva nella lista mentale della sua vita perché oltrepassare il punto dieci la gettava nell’angoscia.

All’età che si ritrovava decise che quella lista si sarebbe fermata lì. Semplicemente non poteva proseguire: dieci segnava il limite, la frontiera, il confino oltre il quale sarebbe passata a terre degradate, infami, pestilenziali.

Ora avrebbe aspettato quatta quatta l’arrivo di un motivo valido: quella ragione comprensibile e legittima che avrebbe giustificato l’avvio del conteggio da un nuovo paio di mani.

J, d’altra parte, pensava che i fatti importanti della vita non arrivassero casualmente occupando semplicemente gli spazi consequenziali a quelli precedenti ma invero li si doveva aspettare, ricercare in mezzo al caos, ritualizzare e celebrare. E neppure si poteva abusare di quella libertà a fare della propria vita personale ciò che se ne vuole. C’è sempre un certo decoro da rispettare e alla posizione numero dieci si rischia di sprofondare nella vergogna.

Insomma: non voleva più pensare al suo passato ordinando gli eventi in base alle relazioni e agli uomini con cui aveva vissuto quei momenti. Doveva cancellare quel mapping (scritto in età adolescenziale e poi aggiornato mentalmente) con nome e data e simbolo affianco. Marco 19/11/98 *, Samuele 29/08/99 **, Federico 4/12/99 *#, Lorenzo 7/1- 8/6/00 **#, Carlo ?, e a seguire.

Dov’ero nell’estate 2004? Ah, a Formentera con Paolo. Ma cos’è che facevo a vent’anni? Uscivo con quell’imbianchino di Bologna. E quando ho preso la patente? Stavo con Francesco anche se il primo anno di università l’ho fatto con Michele. Arrivata a dieci nomi, datati e corredati da una simbologia che li distingueva per capacità e prestanza, J non poteva proseguire nella classificazione. Si sentiva terribilmente in colpa per aver folleggiato così tanto senza aver trovato mai un punto fermo. Eppure le sue amiche andavano ad oltranza dimenticando persino i luoghi delle prime volte! In lei tutto era così nitido, così presente, quei volti stomachevoli, quel sesso così freddo…basta l’avrebbe fatta finita.

Il prossimo sarebbe stato l’Uno ed il Solo. Non l’ultimo ad essere schedato e ornato da un codice criptico sui suoi attributi, quanto più l'Incommentabile.

Ma come avrebbe reagito quando avrebbe saputo del suo passato nefasto? Se le avesse chiesto -una notte dopo avere fatto l’amore mentre ci si accarezza e ci si incastra stretti per addormentarsi vicini - quanti uomini hai avuto prima di me, cosa poteva dirgli? L’avrebbe ancora guardata con gli stessi occhi?

No. Ci sarebbe rimasto male. Gli si sarebbe irrigidito lo spigolo della diffidenza, della promiscuità, del diabolico. Doveva in qualche modo trovare un modo per reinterpretare i fatti mostrandoli sotto un’altra luce.

Beh: seguendo la tabella di marcia prefissa lui sarebbe in posizione undici. A pensarci bene è l’uno di una nuova serie. Non solo, pensò J, perché no?, posso eliminarli tutti e dieci, spazzolare quel passato di poco conto e cominciare -da lei stessa- a considerarsi al punto zero.

Questa operazione le diede molto sollievo. Si sentiva così angosciata che non riusciva a pensare ad altro, con tutti quei numeri alle spalle.

Per razionalizzare questa mossa pensò di fare una scremata con quelli per cui provava una totale e serena indifferenza, quei numeri che aveva visto di corsa, solo una notte. Allora poteva anche piacerle e pensare di tornare al numero sette.
Poi però fece questa riflessione. C’erano pochi numeri a cui sentirsi veramente legati, precisamente l’uno e il tre, mentre tutti gli altri potevano tranquillamente venire rimossi.

A quel punto lì: trovarsi in posizione due, andare tranquilla al tre e vedere il proprio terrore laggiù lontano le dava una gioia immensa. J si sentì più giovane e più felice.

In verità dopo pochi minuti si accorse della manovra meschina che aveva messo in piedi. Se era arrivata a quel punto della sua vita perché negarlo? Mentire non sarebbe servito a trafugare nulla.

Si chiese come mai fosse così angosciata dal dieci. Perché provava un tale immotivato disagio così giovane. Chiese conforto alle amiche. Chi era miseramente al tre, chi al nove, chi a ventisette (Dio ci aiuti!) chi a quindici, chi l’aveva dimenticato. Alla fine la media era alta.
Eppure non si sentiva riconoscente a chi le diceva che la gioia è a metà quando il male è comune.

Il vero problema era lui.
Lui, il magnifico bugiardo, quello che stava aspettando in qualche bar della città, perso chissà dove dentro ai suoi riccioli, al quale - lo decise lì per lì - erano riservate tutte le cose migliori ( J era orgogliosa degli sforzi per preservare molte delle sue cose intatte).

Che lui non pensasse mai di essersi innamorato di una ragazza abborracciata e indiscreta!

Prima ipotesi.

Salvare l’uno e il tre, asportare tutti gli altri. No, irreale e miserabile.
Magari eliminare i numeri immaturi, quelli scesi per sbaglio. E partire da sette.
Fattibile, ma alla fine siamo già oltre la metà, forse è già troppo verso il dieci.
Come fare allora? Tenere in considerazione solo i numeri primi? Quanti sono?
Depennare quelli extranazionali e quelli totalmente insoddisfacenti? Saremmo potuti arrivare massimo a cinque. Poteva andare.
Cinque, per una ragazza di mondo, che fa esperienze ed è indipendente può andare bene.
Cinque. Le piaceva.

Questa volta le dita di una sola mano, quale donna!

Praticante piuttosto che garbata. Virtuosa invece che mite. Caparbia allorché elegante. Intrepida ma coscienziosa.
Così J si piaceva proprio.
Non avrebbe più temuto quella domanda perché ora era pronta ad affrontarla. Sentiva d’aver trovato la sua verità. Quella verità essenziale che ogni uomo dovrebbe esigere da se stesso e abbandonare quell’affannosa rincorsa per un virtuosismo impossibile.

Bisogna conoscersi profondamente per darsi delle risposte come queste. J se le era cercate addosso lavandosi dei muschi del rimorso che ogni letto le aveva appiccicato sulla pelle.

Adesso la vedi correre euforica e un po’ sgraziata giù per le vie del centro con i sandali marroni che ritmano il suo passo spedito ma incerto. Sorride e si guarda in giro curiosa, allungando il collo nelle vetrine dei bar. Ci sono molte persone a quest’ora.
Chissà in quale sarà Lui, giacca a coste blu, jeans sdrucito, sapore di fumo.
Adesso sono come mi voglio, mi amerà sicuramente.

Scende giù, si ferma in cartoleria, compra un quaderno.

Caro diario, oggi mi sento immensamente bella. Sono una ragazza senza sensi di colpa e sto aspettando l’uomo della mia vita. Stasera uscirò e lo cercherò. Ma non avrò paura di sbagliare, non mi tratterrò dal mostrare le mie passioni, dall’amare sfrenatamente. Asseconderò i miei desideri e se Amleto non sarà, forse toccherà ad Antonio o a Cesare. Chi lo sa. Ho ancora tempo. Sono solo al cinque.