sabato

Cucchiaino

“Ci sono due modi per arrivare fino a me: con i baci o con
l’immaginazione. Ma c’è una gerarchia: i baci da soli non funzionano.”
Rifletto su questo adesso che mi trovo a smacchiare col sapone di Marsiglia il colletto della mia camicia macchiata di rossetto e fondotinta, una Effero azzurra, strattonata molto intenzionalmente dal giovane Perseo, ieri notte, su una Opel Meriva che ci portava a Milano.
Incomincio a vedere le cose con maggior chiarezza. Adesso capisco perché non mi ero fidata di lui il primo giorno, mentre ingannevolmente mi annunciava l’arrivo del Libeccio su una vespa senza sella. Le sue azioni sono completamente prive di sentimento o d’immaginazione. Parla per consuetudine e assuefazione, arraffando ogni argomento libero per la gioia di sproloquiare.
Allo stesso tempo non posso fare a meno di ammettere che conosce la tecnica del bacio meglio di chiunque altro. S’appoggia chino sulla mia spalla e m’inala tutta fino all’ultima esalazione. I suoi baci non cadono mai a vuoto: colpiscono sempre una parte del mio corpo tramortendomi.
La mia curiosità per lui si risveglia ingenua sotto le nostre risate immotivate. L’abilità con cui usa le mani per modellare le cose o per scoprirmi la pelle mi lascia perplessa e un po’ disgustata. Ho tentato allegramente di spiegargli la metafora del cucchiaino, suggerendo un consumo lento ed emozionale delle nostre essenze. Non ha capito. Ha riso e qualcosa di piacevole dev’essergli salito in corpo grazie al cucchiaino, ma poi mi ha subito chiesto: - perché non vuoi?
C’è troppo dell’analista in me. Sono abituata alla sensualità dentro alla passione nell’amore. Non riesco a scernere. Mi piace la sua bocca sapida e quell’odore di muschio dei suoi maglioni, ma il suo desiderio mi spaventa e mi allontana.
Compro Flair per rianimarmi. Le riviste femminili mi danno un gran sollievo e mi rendono più felice. Trattano ogni argomento con estrema cura e vaporosità insieme, solleticano i desideri inconfessabili in colonnine da trenta righe e mischiano dieta e sesso inequivocabilmente.
Mi viene in mente un’immagine bellissima d’accostare alla metafora del cucchiaino e la disegno sul finestrino umido del tram. È molto astratta, ma a casa la rifarò con la matita e più in dettaglio, disegnerò le braccia tornite di lui, l’esilità ossea di lei.
Mi innamoro della figura. Rifletto su quel qualcosa d’intatto e d’indifferente che mi determina. E mentre scende il buio, mi perdo.

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