martedì

Tu più di chiunque altro

Oggi è il primo giorno del resto della mia vita.


Ieri sono successi un paio di eventi affinché decidessi questa cosa, cioé di iniziare una nuova vita, senza prima calcolare i percome e i chissàmai.

Probabilmente ho fatto il grande passo perché il più bel libro della stagione estiva me lo consigliava oppure perché ieri mentre parlavo a Perseo e a Ormonella (in momenti distinti ma della stessa cosa) mi sono giunte voci ataviche dal mio stomaco.


Morivo di dissenteria mentre cercavo di stringere le mie natiche tra di loro e parlare all'Indomito di quanto fosse importante avere un linguaggio speciale condiviso solo da noi due. Gli dicevo che dovevamo avere dei gesti nostri da utilizzare in mezzo agli altri o nei momenti di pericolo per comunicare senza parlare. Tipo, se gli leccavo l'interno della mano significava che doveva togliermi da una situazione imbarazzante oppure se mettevo la lingua tra l'indice e il medio voleva dire che avevo urgente bisogno di bere un alcolico.

Rispose ridendo che a noi bastava la mossa universale da usare in ogni situazione e che consisteva nell'infilargli la mano nei pantaloni e scuotere.


Eravamo in uno di quei bagni in spiaggia dove c'è la musica che ci piace fino all'una di notte e bevevamo danzando con i nostri bicchieri di plexiglass in mano. Il problema è che quando si balla sfrenatamente - come facciamo io e Ormonella - non ci si riesce a dire tanto, si urla Guarda che fico quello, Belle scarpine le sue, Questo era il pezzo mio e di Carlo. Beh, mentre la nostra sintonia procedeva a sguardi e sembravamo dirci Ci divertiamo come delle pazze!, è successo di tutto: procederò in slowmotion per rendere l'idea.

Piero, arrivato tardi e già vinazzato, ci scorge da lontano; preso dall'euforia ci corre incontro. Io, smodata nel ballo, chiudo gli occhi e comincio a cantare Where is my mind. Ormonella non è da meno.
Le infradito di Piero s'incespicano tra la sabbia e il pavimento di legno proprio quando ci stava per raggiungere.
Non capendo ancora cosa gli sarebbe successo, mi stringe la vita per sollevarmi, ma non ce la può fare, sta per cadere, perde il controllo delle sue gambe mentre già mi ha tra le mani, mi stritola lo stomaco con la bile che fa reflusso, io apro gli occhi e dalla paura stringo il bicchiere del mojito che esce a spruzzo e va in faccia all'Indomito, il quale si stava sollazzando di chiacchiere con una donzella e che s'imbrutisce inorridito e il tutto termina con me medisima che cado, m'aggrappo ai suoi pantaloni e gli scuoto per bene i suoi ori e lui che tenta di fuggire, di divincolarsi dalle mie mani congiunte che vogliono solo aggrapparsi ai suoi pantaloni e salvarsi da tutto questo.


Credo che dobbiamo parlarne.

Sì, credo che la mossa universale non sia stata una buona idea.

Credo di non sentirmi esattamente a mio agio con te.

Ah.

Vorrei che tu ti prendessi più spazio, per te intendo, con le tue amiche.

Ma io sto bene così.

Sì?

Sì.

Allora sono io.

Già.

Ti va di mettermi una mano nei pantaloni?

Certo.

Possiamo dormire insieme per l'ultima notte?

Solo se dici di amarmi.

Ti amo.

Quanto?

Più di chiunque altro.








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