sabato

Di stracci e d'oro tu



Entro in camera di Perseo l'indomito dove regna il caos. Non c'è un solo angolo dove possiamo baciarci allungati. Tutte le sue cose ammassate, nel buio, fendono i nostri corpi e non so mai chi è che mi tocca. Ci sono delle musicassette impilate sopra un tamburello giocattolo. Penso che siano belle. Sopra le nostre teste, pezzi di muro scrostato e rami secchi appesi - forse vecchie asce di guerra dei suoi antenati - e uno strano sapore di rosmarino.
Vorrei fare molte cose in questo momento: tipo prendere in mano il Vetril e dare una passatina alle mensole, oppure piegare tutti i suoi vestiti buttati là cenciosi in un armadio senza ante.
Invece mi chiede di cantargli una canzone e di farlo a gran voce. Metto del mio meglio in un pezzo da 90 di Nada esagerando coi gorgheggi ( è semisordo e il buio lo rende meno attentivo ) innamorandomi terribilmente della mia voce e della sua figura.
C'ho questo corpo rigido e nero che respira piano, non mi ascolta già più perso chissà dove sui suoi alberi, disteso su un prato (forse) a costruire dighe per le talpe. Io rido e gli chiedo di farmi diventare bambina con lui.

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