lunedì

Lettera a Danfilo Guinoe, quando era una donna.














Amica,
è un lungo dirsi su questo foglio di carta
che assomiglia a una spiaggia a nord di Alghero
senza la punteggiatura   
      superflua dei francesi arroganti.

Ho cento venti passi sulla battigia per dirtelo
un cappello che mi ripara
e la pelle avezza alle punture del           sole.
 
Ti penso.
Da oggi, su questo fanale della civiltà
posso scegliere di fissare  la mia vita su un binario
(da qui a Milano serve anche un traghetto).
Mi scende una lacrima.
Un amore da oggi e per sempre
una casa, una città (massì... abbiamo capito
dove vogliamo andare a parare),
un porta ombrelli.

Il mare infastidito
preme e trasuda sulla battigia
resiste e protegge lo scoglio
in cui sono seduta.

Cosa dicevo? Ah. Le mie paure e un po’
di considerazioni vaghe sul mio
r i t o r n o .
 
Avrei voluto la tua solidarietà
   a Capo Coccio,
eravamo su una panchina di pietra
e solo noi abbiamo sentito la menzogna.
    Quante volte mi hai gridato l’ingiustizia
di un amore mio?
Non ne ricordo nemmeno una.
Io, invece sì,  ho diverse versioni.

I tuoi occhi hanno riconosciuto il codardo
e va bene che tu dica che te ne vuoi andare
che stai facendo le valigie per venire qui
sulla punta rocciosa che volge a Gibilterra
...
io mi rallegro.

Saremo due spalle
che si toccano appena
più abbronzate di come immagini ora
con lo sguardo verso il porto
in attesa che qualcuno ci riporti indietro
a ciò che abbiamo lasciato
ieri   sera.

1 commento:

Diario Supernova ha detto...

"Saremo due spalle
che si toccano appena
più abbronzate di come immagini ora
con lo sguardo verso il porto
in attesa che qualcuno ci riporti indietro
a ciò che abbiamo lasciato
ieri sera."

bello