
E poi succede che istintivamente m'inchino un poco con la schiena e mi guardo i piedi nudi, ma non sporchi, e ricerco il consenso sul suo volto. Forse avrei dovuto imbarazzarmi molto di più di questa cosa patetica che mi sono messa a fare, voglio dire, inchinarsi col capo! La mia conoscenza della cultura cinese deve essersi fermata a Bruce Lee.
Lui ride.
Di me che m'inchino come una deficiente e ci manca poco che dico Sayonara. Di se stesso forse, poiché avazando di uno scalino mi sfiora con un fianco la gonna (magari per la sua cultura è un atto osceno). Di un paio di stivali sporchi, ma belli, che vengono trasportati al sicuro in una casa dove non c'è luridume e che probabilmente verranno lavati subito nel bidet e accuratamente asciugati. Di noi così giovani e coetanei desiderosi di buttarci nudi nella stessa vasca e poi ridere dei nostri accenti. E anche delle scale che nessuno dei due vorrebbe sporcare con i propri passi , delle belle cose che si possono fare a piedi nudi e ancora, molto più del resto, del fango, putridume della nostra incoscienza, umile e fedele amico di giochi inventati, pappa molliccia che sorregge la nostra palafitta, e che da domani, grazie a Tung, particolarmente per lo spirito zen che si ritrova - perché a lui appartiene e non a me - e perché dal suo sorriso me lo voleva comunicare, da domani dicevo, diverrà una pagoda.

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