domenica

These boots are made for walking

Tung avrà trent'anni e un bel pò di cose da dire. Ma non le dice subito, almeno a me. L'ho conosciuto ieri  mentre salivo le scale, ero scalza, con gli stivali sporchi di fango in mano e lui mi ha superata perché forse aveva fretta, oppure gli sembrava sconveniente stare dietro ad una donna con una gonna che sale le scale scalza, o forse è solo uno che supera le file e fa di testa sua. Mi ha sorriso e mi ha guardata con comprensione, come per dire Lei è una donna bellissima. Io gli ho sorriso a mia volta perché non l'avevo mai visto e anche perché m'imbarazzava la situazione, anche se - a pensarci ora - non dovrebbe esserci niente di male a camminare con un paio di stivali in mano, un bel paio s'intende, non cose di gomma da orto o scarponi da montagna, stivali di pelle molto raffinati ma sporchi, stivali funzionali per camminate impervie lungo i sentieri melmosi di questa città.

E poi succede che istintivamente m'inchino un poco con la schiena e mi guardo i piedi nudi, ma non sporchi, e ricerco il consenso sul suo volto. Forse avrei dovuto imbarazzarmi molto di più di questa cosa patetica che mi sono messa a fare, voglio dire, inchinarsi col capo! La mia conoscenza della cultura cinese deve essersi fermata a Bruce Lee.


Lui ride.


Di me che m'inchino come una deficiente e ci manca poco che dico Sayonara. Di se stesso forse, poiché avazando di uno scalino mi sfiora con un fianco la gonna  (magari per la sua cultura è un atto osceno). Di un paio di stivali sporchi, ma belli, che vengono trasportati al sicuro in una casa dove non c'è luridume e che probabilmente verranno lavati subito nel bidet e accuratamente asciugati. Di noi così giovani e coetanei desiderosi di buttarci nudi nella stessa vasca e poi ridere dei nostri accenti. E anche delle scale che nessuno dei due vorrebbe sporcare con i propri passi , delle belle cose che si possono fare a piedi nudi e ancora, molto più del resto, del fango, putridume della nostra incoscienza, umile e fedele amico di giochi inventati, pappa molliccia che sorregge la nostra palafitta, e che da domani, grazie a Tung, particolarmente per lo spirito zen che si ritrova - perché a lui appartiene e non a me - e perché dal suo sorriso me lo voleva comunicare, da domani dicevo, diverrà una pagoda.

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